• di Guia Baggi
  • Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul Guardian il 24 agosto 2021.
  • Da allora il fenomeno non si è fermato. A Linosa i pesci coniglio sono sempre abbondanti. Un'altra specie della stessa famiglia (Siganus rivulatus) è stata catturata nel Messinese nel 2022. Ad agosto dello stesso anno un esemplare di pesce scorpione è stato notato nel mare di Alborán in Spagna, alle porte dell'Atlantico; mentre a fine giugno 2023, altri due sono stati avvistati lungo le coste italiane (ne abbiamo parlato in questi numeri di Lapilli e Lapilli+). Ancor più di recente dei subacquei hanno visto sempre in acque italiane un nuovo pesce tropicale: il tordo con la basetta (Pteragogus trispilus). La segnalazione è avvenuta in collaborazione con il progetto del Consiglio nazionale delle ricerche sullo studio e la gestione delle specie aliene invasive USEit.
  • Intanto in Grecia, il progetto LagoMeal, coordinato da Ioannis Nengas del Centro ellenico per la ricerca marina, sta facendo passi avanti rispetto alla possibilità di utilizzare il Lagocephalus sceleratus per produrre farina di pesce destinata all'acquacoltura, fa sapere l'ittiologa Paraskevi Karachle via email.

LINOSA, Italia — Pasquale Tuccio attracca la sua barchetta di legno bianca e blu nel porto vecchio di Linosa, una delle piccole isole Pelagie nello stretto di Sicilia. Ispezionando la rete da posta, trova qualche sarago, dei pesci pappagallo e circa sei pesci coniglio. A differenza dei suoi colleghi pescatori, che li ributtano in mare, Tuccio porta i pesci coniglio a casa per il suo gatto. Questi pesci hanno una spina nascosta dietro la testa. Tuccio ricorda ancora la prima volta che li ha pescati. "Mi hanno punto una sola volta", dice. "Speriamo che non accada più: un dolore".

Il pesce coniglio Siganus luridus - noto anche come sigano - è una specie tropicale, originaria degli oceani Indiano e Pacifico. Dopo l'apertura del canale di Suez nel 1869, è entrato nel Mediterraneo orientale per arrivare in acque greche nel 1964. Da allora ha raggiunto il Mediterraneo centrale, dove ha trovato il suo cibo preferito in abbondanza: le alghe. Negli ultimi anni, si è moltiplicato nelle acque intorno a Linosa, dove si nutre voracemente della vegetazione sottomarina (ndr, nell'immagine in alto un banco di pesci coniglio immortalati da Ernesto Azzurro a Linosa). Ma i ricercatori lo hanno trovato ancora più a ovest, in Francia.

Il Siganus luridus non si sta spingendo da solo verso ovest. Degli oltre 70 pesci tropicali che hanno preso dimora nel Mediterraneo (ndr, ad oggi quasi 80, considerando solo le specie di origine indo-pacifica), il pesce scorpione (Pterois miles), il pesce palla maculato (Lagocephalus sceleratus), il pesce trombetta (Fistularia commersonii) e la sardina di Golani (Etrumeus golanii) sono stati avvistati in acque sempre più occidentali. Mentre il mare si surriscalda e diventa più salato a causa del riscaldamento globale indotto dall'uomo, pesci che solitamente vivono a latitudini più tropicali trovano un habitat sempre più accogliente in un'area, almeno nominalmente, temperata.

"Questo sta accadendo anche in altre parti del mondo", afferma Fiona Tomas Nash, ecologa marina dell'Istituto mediterraneo di studi avanzati (Imedea) con sede alle Baleari, in Spagna. "In Australia, Giappone, Sudafrica, si assiste all'espansione di questi pesci tropicali in aree temperate, e questo è chiaramente legato al riscaldamento".

Mentre gli appassionati di immersioni potrebbero accogliere con curiosità la presenza di questi nuovi abitanti del Mediterraneo, gli scienziati marini sono in parte preoccupati per le minacce alla biodiversità, alla salute pubblica e alla pesca. Il passaggio da temperato a tropicale potrebbe avere, e ha, effetti sull'intero ecosistema mediterraneo. I pesci coniglio, ad esempio, mangiano così tanto da trasformare le foreste di alghe in paesaggi brulli e desolati, distruggendo importanti habitat di riproduzione per le specie autoctone.

Altri pesci che arrivano attraverso il canale di Suez sono ancora più dannosi. Nel 2005, al largo della Grecia sudorientale, un pescatore ha avvistato un pesce palla maculato (Lagocephalus sceleratus). Pochi anni dopo, era presente in tutte le isole, da Creta al Dodecaneso e alle Cicladi. Nel 2017, un esemplare di Lagocephalus sceleratus è stato catturato al largo di Ceuta, vicino a Gibilterra; altri sono stati avvistati al largo delle coste della Catalogna.

Tossici da mangiare, strappano le reti da pesca e fanno razzia di calamari, seppie e altre specie dal valore commerciale.

Cassette di Lagocephalus sceleratus, o pesce palla maculato, una specie tossica di origine indo-pacifica, rimossa dai pescatori nel sud della Grecia (Courtesy of Spot the Alien Fish).

"Sappiamo molto poco dei potenziali predatori [del pesce palla maculato], anche negli habitat di origine", afferma Paraskevi Karachle, ittiologa del Centro ellenico per la ricerca marina della Grecia che studia le specie aliene. "Nel Mediterraneo ne abbiamo individuati alcuni, come Caretta caretta e cernie, oltre a recenti osservazioni di cannibalismo".

Nell'ottica di controllarne il numero, i ricercatori stanno sperimentando possibili usi per il Lagocephalus sceleratus, come la farina di pesce per l'acquacoltura o l'estrazione della sua tossina per cosmetici e prodotti farmaceutici. Ma la fattibilità di queste applicazioni è incerta.

"Fino a una ventina di anni fa, le specie tropicali erano confinate nei settori più orientali del Mediterraneo", spiega Ernesto Azzurro, ricercatore dell'Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Irbim-Cnr) che, insieme a Manuela D'Amen della Stazione zoologica Anton Dohrn (ndr, ora all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), ha valutato il rischio di invasione di queste specie nel Mediterraneo in base agli scenari climatici futuri. "All'epoca gli scienziati avevano teorizzato l'esistenza di una nuova provincia biogeografica, che sul lato occidentale non si estendeva oltre lo stretto di Sicilia".

Tuttavia, nel corso del ventunesimo secolo, i cosiddetti invasori lessepsiani - come vengono chiamate le specie che provengono dall'Indo-Pacifico, dal nome del costruttore del canale di Suez, Ferdinand de Lesseps - hanno ripetutamente superato quel confine teorico (ndr, qui uno studio che ricostruisce il fenomeno). Tra il 1985 e il 2006, la temperatura del Mediterraneo è aumentata ogni decennio di circa 0,4 gradi centigradi, contribuendo a mettere sotto pressione le specie autoctone già sovrasfruttate e favorendo i pesci che prosperano in acque più calde.

Gli scenari climatici futuri del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (Ipcc), applicati ai modelli di distribuzione delle specie, mostrano come il Mediterraneo occidentale diventerà sempre più ospitale per i pesci tropicali, così come l'Adriatico meridionale e la costa dell'Italia sud-occidentale. Anche i nuovi arrivati potrebbero cambiare, adattandosi. Alcuni scienziati sostengono che il pesce scorpione - avvistato al largo della Puglia, in Italia, e dell'Albania nel 2019 e nel 2020 (ndr, e più recentemente al largo di Spagna e Calabria) - potrebbe espandere il suo livello di sopportazione della temperatura, abituandosi alle acque invernali più fredde di alcune aree del Mediterraneo, come è accaduto per il pesce scorpione negli Stati Uniti.

Un pesce scorpione: l'immagine è stata scattata nel 2021 a Cipro da Ernesto Azzurro.

Anche gli esseri umani si stanno adattando. Mentre a Linosa il pesce coniglio viene apprezzato per lo più dal gatto di Tuccio, a Cipro, dove esiste da tempo, è considerato una prelibatezza e viene venduto a 25 euro al chilo. A Kastellorizo, nelle isole greche del Dodecaneso, viene spellato, fritto e servito con una spruzzata di aceto. Il ragionamento è: se non puoi sconfiggerli, mangiali.

"Il Mediterraneo sta subendo una tropicalizzazione che continuerà", afferma Nash, l'ecologa dell'Imedea. Gli sforzi per creare aree marine protette e per ripristinare gli ecosistemi così da renderli più resilienti al riscaldamento globale e alle invasioni possono essere d'aiuto, ma è improbabile che invertano la tendenza, soprattutto senza una piena cooperazione tra stati. "La natura non conosce confini, giusto?".

"Anche nello scenario migliore, queste invasioni continueranno", afferma Azzurro, che lavora anche con le aree marine protette per coinvolgere i cittadini nel monitoraggio dei cambiamenti della biodiversità. "Il nostro sarà un mare sempre più tropicale".


Ndr: Questo articolo fa parte della serie "I nuovi abitanti del nostro mare" e vuole offrire una sorta di anteprima del magazine che abbiamo in mente. Se vuoi restare aggiornato sull'evoluzione del nostro progetto, iscriviti a Lapilli.

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