In questi Lapilli ci concentriamo su due eventi alluvionali, quello avvenuto poche settimane fa in Toscana, al quale abbiamo dedicato gli ultimi Lapilli+, e quello del maggio scorso in Emilia Romagna e sui suoi effetti a distanza di mesi. Abbiamo poi inserito alcuni reportage da diversi angoli del Mediterraneo: da una stazione meteorologica in Grecia, dalla Turchia devastata dagli incendi e dalle oasi tunisine a rischio desertificazione. Segnaliamo inoltre un recente rapporto che illustra il legame tra cambiamenti climatici e salute umana. Scorrendola troverai molto altro. Cogliamo anche l’occasione per dare un caloroso benvenuto a tutti coloro che si sono iscritti da poco e ringraziare chi ha letto e sostenuto il nostro lavoro durante l'anno. Come sempre, accogliamo con piacere feedback, commenti e domande. Buona lettura!

L'odore delle alluvioni. In questa newsletter parliamo spesso delle connessioni tra eventi estremi e cambiamenti climatici. A maggio ci siamo occupati dell'alluvione che ha colpito l'Emilia Romagna e abbiamo intervistato Paride Antolini, presidente dell'ordine dei geologi della regione, che ci ha parlato della memoria dell'acqua (Lapilli+).

Nel mese appena trascorso un'altra alluvione ha colpito l'Italia, questa volta in Toscana, nella piana tra Firenze, Prato e Pistoia. La nostra Guia Baggi si è recata sul posto con il fotografo Michele Borzoni a una settimana dall'evento e ha raccontato ciò che ha visto sul campo nell'ultima Lapilli+.

Come riporta Martina Paolucci in questo articolo pubblicato su Scomodo, l'odore di fango e acqua dopo un grande evento alluvionale è molto persistente e può durare per molti mesi. Il fango si indurisce e i muri impiegano molto tempo ad asciugarsi. Paolucci ha visitato Faenza, in Emilia Romagna, sei mesi dopo l’alluvione dello scorso maggio dove ha sentito ancora forte la presenza di quell'odore di fango e acqua stagnante. La città sta lentamente andando avanti, ma le tracce di ciò che è accaduto non solo si annusano, ma si vedono dappertutto. Molte vetrine sono ancora chiuse, molti appartamenti al primo piano sono abbandonati e il fango indurito ricopre parchi e giardini. I fondi per il recupero stanno lentamente arrivando, ma non sono sufficienti a ripagare completamente i danni.

L'impatto degli incendi in Turchia. Negli ultimi anni la Turchia ha registrato un aumento della frequenza e dell'intensità degli incendi boschivi. Centinaia di abitanti di villaggi rurali e di agricoltori che basavano il loro sostentamento sulle foreste hanno visto la loro vita sconvolta e sono diventati di fatto dei migranti climatici. In questo reportage, il giornalista scientifico Utku Kuran fotografa alcune delle aree colpite e raccoglie le testimonianze di agricoltori, raccoglitori di miele e pastori nel tentativo di comprendere meglio le conseguenze ambientali e sociali degli incendi e il ruolo chiave che questi attori potrebbero svolgere nel prevenire alcuni degli effetti più dannosi (Earth.org).

I paradossi della lotta alla desertificazione in Nord Africa. Da molti anni leggiamo di iniziative volte a piantare alberi per fermare l'espansione del deserto del Sahara nei paesi subsahariani o ad ampliare le oasi in quelli nordafricani come il Marocco o la Tunisia, dove il deserto si sta spingendo verso la costa mediterranea. Ma, come riportano le giornaliste Aïda Delpuech e Arianna Poletti, piantare alberi o far crescere oasi nel deserto utilizzando la monocoltura intensiva potrebbe essere più dannoso che positivo. Gli alberi e le monocolture richiedono molta acqua per crescere e, se l'acqua è scarsa, contribuiscono ad accelerarne l'esaurimento con un conseguente aumento della desertificazione. Alcuni agricoltori e attivisti in Tunisia stanno combattendo le forze economiche dietro ai grandi progetti di rinverdimento e si battono per un modo più sostenibile per fermare la desertificazione (New Lines Magazine).

Il ruolo delle stazioni meteorologiche. In cima a un promontorio, nell'isola di Creta in Grecia, una stazione meteorologica registra inaspettatamente l'inquinamento atmosferico proveniente da molto lontano. Creta si trova nel cuore del Mediterraneo, dove molti flussi atmosferici tendono a convergere, portando inquinamento ed emissioni che hanno origine a centinaia di chilometri di distanza. La stazione meteorologica di Finokalia è una delle tante stazioni che permettono agli scienziati di raccogliere i dati utilizzati nei modelli climatici che conosciamo sempre meglio grazie ai rapporti di valutazione del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Radar Magazine).

Salute e cambiamenti climatici. Il Medio Oriente e il Nord Africa risultano tra le regioni più vulnerabili agli effetti negativi della crisi climatica. Tra questi ci sono anche le ricadute dell’aumento delle temperature sulla salute umana. E proprio alla relazione tra salute e cambiamenti climatici è dedicato un recente rapporto annuale di un progetto che gravita intorno alla rivista medica The Lancet. Oltre a ribadire che l'intensità delle ondate di calore è peggiorata a causa dei cambiamenti climatici indotti dall'uomo, il rapporto afferma che oggi le persone di età superiore ai 65 anni e i bambini di età inferiore a un anno sono esposti a un numero doppio di giorni di ondate di calore rispetto al periodo 1986-2005. Le temperature più elevate favoriscono inoltre la siccità che a sua volta influisce sull'agricoltura e quindi l’effettiva disponibilità di cibo che, se scarso, porta a malnutrizione. Le alte temperature creano anche condizioni più favorevoli per malattie come dengue, malaria, vibriosi e virus del Nilo occidentale. Allo stesso tempo, il rapporto sottolinea i numerosi benefici per la salute che derivano dalle azioni di contrasto al cambiamento climatico. La salute umana potrebbe infatti essere trainante nell'azione contro il cambiamento climatico, poiché la transizione verso fonti di energia rinnovabili e pulite, la riduzione dell'inquinamento atmosferico e le diete a basso contenuto di anidride carbonica sono tutti passi che possono migliorare il benessere delle persone (Euronews).

Stop alla pesca di fondo nel mare di Alborán. All'inizio di novembre, oltre 20 paesi lungo le sponde del Mediterraneo e del mar Nero hanno concordato una serie di misure per proteggere e ripristinare la fauna marina. Una delle più importanti è il divieto di qualsiasi tipo di pesca di fondo, compresa la pesca a strascico, una delle pratiche di pesca più dannose, in un'area di 400 chilometri quadrati del mare di Alborán, nei pressi della barriera corallina di Cabliers, tra Spagna e Marocco. L'iniziativa è particolarmente significativa perché quest’area si trova in prossimità del punto in cui l'oceano Atlantico incontra il Mediterraneo, una delle zone più trafficate al mondo - ​​il 25 per cento del traffico marittimo globale passa da qui ogni anno come si può vedere dall’immagine qui sotto - e ospita l'unica barriera corallina d'acqua fredda del Mediterraneo dove molti pesci in età giovanile trovano rifugio (The Maritime Executive).

Immagine satellitare del programma Copernicus e modificata da Magma per indicare dove si trovano i banchi di Cabliers. L’immagine cattura le rotte di navigazione in questa parte del Mediterraneo, nota anche come mare di Alborán. Il 25 per cento del traffico marittimo mondiale attraversa ogni anno questo tratto del Mediterraneo.

Perseguire i crimini ambientali. L'Unione europea è il primo organismo internazionale a criminalizzare i danni ambientali su larga scala, paragonandoli all'ecocidio. I legislatori hanno introdotto pene più severe per i crimini ambientali, anche se il termine "ecocidio" non viene usato esplicitamente. La direttiva copre attività come l'estrazione di acqua e l'inquinamento, ma esclude la pesca, l'esportazione di rifiuti tossici e la frode nel mercato delle emissioni di anidride carbonica. L'obiettivo è quello di porre fine all'impunità di chi compie crimini ambientali e potrebbe dare inizio a una nuova era di controversie su questi temi in Europa (The Guardian).

Erasmus rurale. Negli ultimi 40 anni i villaggi spagnoli hanno perso metà della loro popolazione senza riuscire ad attirare giovani residenti. Così il governo ha deciso di lanciare un programma Erasmus che invece di pagare gli studenti per trasferirsi temporaneamente nelle grandi città europee, li paga per fare uno stage in uno dei tanti pueblos che si stanno spopolando, lavorando nell'agricoltura, nella gestione delle foreste, nel turismo sostenibile e così via. Alcuni poi decidono di rimanere più a lungo (Arte).

GUGLIELMO MATTIOLI
Producer multimediale, ha contribuito a progetti innovativi usando realtà virtuale, fotogrammetria e live video per il New York Times. In una vita passata faceva l’architetto e molte delle storie che produce oggi riguardano l’ambiente costruito e il design. Ha collaborato con testate come The New York Times, The Guardian e National Geographic. Vive e lavora a New York da 10 anni.

Grazie per aver letto fino a qui. Ci vediamo tra due settimane con una Lapilli+ di fine anno in omaggio per tutti.

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