Nei Lapilli di questo mese parliamo dell'inverno caldo del Mediterraneo e di come la siccità stia colpendo molte aree di questo bacino: dalla Sardegna alla Sicilia, a parti della Spagna e del Marocco. Ci immergiamo per scoprire come l'acqua in superficie si rimescoli con quella delle profondità del mare e di come la vita sessuale delle acciughe, così come la temperatura dell'acqua, c’entri in questo rimescolamento. Torneremo poi in superficie per parlare della mattanza dei tonni e infine sulla terraferma, in Bosnia per essere precisi, dove le comunità locali stanno lottando per preservare lo stato naturale dei fiumi del loro paese. Speriamo che questa newsletter ti piaccia, nel caso ti invitiamo a inoltrarla e a far iscrivere altre persone. Buona lettura!

Inverno caldo e siccità persistente. È stato ed è ancora un inverno mite in molte parti del mondo, incluso il Mediterraneo. Gennaio è stato il più caldo mai registrato a livello globale e i primi giorni di febbraio non si sono scostati molto dalla stessa traiettoria. Queste temperature insolitamente alte stanno avendo un effetto su molti fronti: dal mare alla neve, alle riserve d'acqua. Alcune zone dei Pirenei non vedevano così poca neve da 24 anni. Sulle Alpi, la scarsità di neve ha coinciso con un aumento degli infortuni durante alcune gare di sci. In Sicilia la Regione ha dichiarato lo stato di emergenza per la siccità che sta facendo mancare pascoli e fieno per gli allevamenti. All'inizio di febbraio, la Sardegna settentrionale si trovava in condizioni pre-siccitose con alcuni dei suoi bacini idrici a livelli preoccupantemente bassi. Ma la situazione peggiore si registra in Marocco, dove la siccità persiste ormai da sei anni. Nel paese nordafricano, a metà febbraio, le temperature hanno raggiunto i 36,6 gradi Celsius, un'ondata di calore invernale che secondo ClimaMeter è stata alimentata dai cambiamenti climatici. Inoltre, la mancanza di acqua non fa altro che accelerare i processi di desertificazione, che si fanno sentire anche a Malta. Il più grande giornale dell'isola ha recentemente pubblicato un editoriale chiedendo al governo un piano a lungo termine per affrontare il problema, a partire da una migliore gestione del territorio. Per alcuni esperti, queste condizioni di siccità ricorrenti potrebbero diventare la nuova normalità, in assenza di azioni concrete sul fronte della mitigazione.

Le zone del Mediterraneo che tra il 10 e il 20 gennaio 2024 erano alle prese con la siccità secondo un indicatore messo a punto dal Centro comune di ricerca (JRC).

Una cattiva gestione. La penisola italiana, che pur risente in questo momento - in Sicilia e Sardegna - della siccità prolungata, è in realtà un paese ricco di acqua, soprattutto nel sottosuolo. L’85 per cento dell’acqua potabile proviene da sorgenti o da pozzi. Quello che invece manca e rende il nostro paese vulnerabile alla siccità è l’acqua che potremmo raccogliere dalla pioggia e dal disgelo. Secondo un vecchio studio risalente agli anni 70, in Italia sfruttiamo appena l’11 per cento dell’acqua piovana utilizzabile. Manca però un dato aggiornato. Così come mancano all’appello centinaia di invasi o laghetti artificiali che potrebbero mitigare gli effetti dei fenomeni climatici estremi, raccogliendo acqua quando piove e ridistribuendola quando c'è siccità. Per non parlare del fatto che la rete idrica italiana perde circa il 42 per cento dell’acqua immessa in rete (IconaClima).

Gli effetti delle ondate di calore sui coralli a est di Marsiglia. Le ondate di calore coinvolgono non solo la terraferma, ma anche il mare. Secondo il Servizio per i cambiamenti climatici del Programma di osservazione della Terra dell'Unione europea, Copernicus, le temperature anomale di gennaio hanno riguardato anche le acque superficiali del Mediterraneo. Le ondate di calore marine hanno un enorme impatto sulle popolazioni di coralli. Un gruppo di ricercatori ha studiato queste popolazioni in alcuni punti lungo il Parco nazionale delle Calanques, a est di Marsiglia, e ha scoperto che mentre i coralli vicini alla superficie del mare sono morti a seguito delle ondate di calore degli ultimi anni, a circa 30-40 metri di profondità stanno ancora benone. La speranza è che, riducendo le pressioni antropiche sulle aree più vulnerabili, la popolazione di coralli possa riprendersi e persino diventare una "super colonia" in grado di sopportare le temperature più elevate. Tuttavia, per tornare a un paesaggio corallino paragonabile a quello di qualche decennio fa, ci vorrà sicuramente più di una generazione (Euronews Green).

Un’antica - e sostenibile - tecnica di pesca in via di estinzione. Nel Mediterraneo esiste un antico modo di pescare i tonni che sta lentamente scomparendo. Sono le tonnare, strutture poste in mare per catturarli al loro passaggio. Quando i tonni arrivano, i pescatori da svariate barche li spingono verso la cosiddetta “càmira dâ morti” o camera della morte. Qui ha luogo la vera e propria mattanza. I tonni vengono arpionati uno a uno dai pescatori e issati sulle barche. A prima vista la tecnica può sembrare piuttosto cruenta, ma in realtà garantisce alle prede una morte rapida, a differenza dei metodi più moderni che portano al soffocamento. Inoltre, la mattanza consente di selezionare e arpionare solo i tonni più grandi e di evitare la cattura involontaria di altre specie. Nonostante la sostenibilità di questo metodo di pesca, e l’aumento del numero dei tonni, le tonnare nel Mediterraneo stanno lentamente scomparendo. Si pensi che dagli anni 20 a oggi siamo passati da una cinquantina di tonnare attive in tutta Italia a due. Nell'isola di Carloforte in Sardegna, dove la tradizione va avanti, i pescatori chiedono quote di pesca più eque. E c'è chi sostiene che il rito della mattanza vada incluso nella lista dei patrimoni culturali immateriali dell’Unesco, come raccontano Sandali Handagama e Agostino Petroni sul Guardian.

Un tonnaroto si avvicina con un arpione agli esemplari intrappolati nella camera della morte (per gentile concessione di Agostino Petroni).

Sexy acciughe. Un recente studio ha rivelato un impatto sorprendente e significativo del comportamento riproduttivo delle acciughe sul rimescolamento degli oceani. La ricerca, condotta al largo della costa nord-ovest della Spagna, amplia la nostra comprensione del ruolo delle attività animali nei processi oceanografici. Per anni gli scienziati hanno ritenuto che i movimenti dei singoli animali non fossero abbastanza intensi da influenzare in modo significativo il rimescolamento dell’oceano. Tuttavia, questo studio dimostra che quando le acciughe si accoppiano in massa generano forti turbolenze nel mare. Queste turbolenze rimescolano i diversi strati d'acqua, causando fluttuazioni di temperatura notevoli all'interno della colonna d'acqua stessa. I risultati suggeriscono che il comportamento degli animali, in particolare le attività coordinate su larga scala, come la riproduzione delle acciughe, potrebbe avere un ruolo più significativo nel rimescolamento degli oceani di quanto in precedenza non si pensasse (Hakai Magazine).

Temperatura del mare e fitoplancton. Un recente studio della Fondazione Cima ha identificato un legame tra l'aumento della temperatura del mare e il declino delle fioriture invernali di fitoplancton nel mar Mediterraneo. Lo studio ha analizzato i dati satellitari sulla concentrazione di clorofilla, un indicatore della biomassa di fitoplancton, tra il 1998 e il 2019. L'analisi ha rivelato una significativa diminuzione delle fioriture invernali, in particolare nel Mediterraneo nordoccidentale. I ricercatori attribuiscono questo declino all'aumento della temperatura del mare in inverno, che impedisce all'acqua di raffreddarsi e di scendere sul fondo del mare. Questo fenomeno, conosciuto anche come upwelling, permette alle acque più profonde e ricche di nutrienti, cruciali per la crescita del fitoplancton, di risalire in superficie. In sostanza, maggiore è la temperatura superficiale, minore è la miscelazione dell'acqua. Il fitoplancton, microrganismo marino microscopico, costituisce la base della catena alimentare marina e svolge un ruolo fondamentale nella salute dell'oceano, oltre a catturare enormi quantità di carbonio. Il suo declino potrebbe avere effetti a catena, portando a una minore disponibilità di cibo per alcune specie di pesci e altri organismi marini, con conseguenze sulla pesca e sulla salute generale dell'ecosistema mediterraneo.

Patrimonio a rischio. Tornando sulla terraferma, questa mappa interattiva di Copernicus indica tutti i siti patrimonio dell'Unesco a rischio nel Mediterraneo per l'innalzamento del livello del mare e mareggiate estreme.

Coltivare cibo con l’idroponica dove scarseggia l’acqua. Nel campo di Jerash, in Giordania, dove l’acqua è scarsa, sono in corso diverse iniziative per insegnare ai rifugiati palestinesi l’utilizzo dell'agricoltura idroponica. L'agricoltura idroponica consiste nella coltivazione di piante e verdure in una soluzione nutritiva a base d'acqua, senza bisogno di terreno. Questa tecnica riduce notevolmente il consumo d'acqua rispetto ai metodi agricoli tradizionali, rendendola ideale per le regioni aride come la Giordania. Attraverso questo tipo di formazione, i rifugiati hanno creato orti idroponici su piccola scala coltivando con successo diverse verdure, erbe aromatiche e persino frutta. Ciò non solo contribuisce al loro fabbisogno alimentare, ma genera anche reddito attraverso la vendita dei loro prodotti. Gli esperti ritengono che l’agricoltura idroponica offra una soluzione sostenibile per coltivare colture in ambienti dove c’è scarsità d'acqua (The Guardian via Egab).

Rifugi climatici. Durante la torrida estate del 2019 - un'estate più calda delle già caldissime estati iberiche - la città di Barcellona ha avuto l'idea di allestire degli spazi pubblici - all'aperto e al chiuso - dove le persone vulnerabili, come anziani, bambini o persone affette da malattie croniche, potessero trovare riparo sia dal troppo caldo che dal troppo freddo. Ora questi rifugi climatici si stanno diffondendo lentamente anche in altre città. L'articolo completo su Solar, una newsletter dei nostri colleghi di Radar Magazine.

Odiosi nurdle. Vorremmo infine segnalare due video che ci hanno colpito, apparsi questo mese su Internazionale. Il primo è stato girato e prodotto dai nostri colleghi e cofondatori di Magma, Davide Mancini e Marcello Rossi. Davide e Marcello hanno girato l’Europa per andare a vedere dove si producono e che fine fanno i pellet di plastica, piccole palline delle dimensioni di una lenticchia che vengono utilizzate per creare prodotti più grandi, come bottiglie e contenitori. Molti di questi pellet però vengono dispersi nell’ambiente inquinando spiagge e altri habitat a ridosso degli impianti che li producono (Internazionale).

A difesa dei fiumi selvaggi della Bosnia. Il secondo video parla dei fiumi della Bosnia, tra i più selvaggi d'Europa. Dai primi anni 2000, incentivi per la produzione di energia "verde" hanno portato alla costruzione di numerose centrali idroelettriche nel paese balcanico. Questi progetti hanno canalizzato e deviato il corso di diversi fiumi. Ma un movimento dal basso è nato per preservare lo stato naturale di questi corsi d'acqua ricchi di storia e biodiversità. Marco Carlone e Alia Alex Čizmić lo raccontano in questo video realizzato con il sostegno di Journalismfund.eu (Internazionale).

GUGLIELMO MATTIOLI
Producer multimediale, ha contribuito a progetti innovativi usando realtà virtuale, fotogrammetria e live video per il New York Times. In una vita passata faceva l’architetto e molte delle storie che produce oggi riguardano l’ambiente costruito e il design. Ha collaborato con testate come The New York Times, The Guardian e National Geographic. Vive e lavora a New York da 10 anni.

Grazie per aver letto fino a qui. Ci vediamo ad aprile o prima con Lapilli+.

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