Ogni estate lungo il Mediterraneo si torna a parlare di spiagge e di chi ha il diritto di occuparle. In Italia, ad esempio, le spiagge sono legalmente un bene pubblico, con accesso garantito a tutti. In pratica, però, gli operatori privati hanno progressivamente preso il controllo di ampi tratti di costa, applicando tariffe per ingresso e servizi. Quest'estate, l'aumento dei prezzi ha particolarmente contribuito a spingere altrove le persone che non possono permetterseli (The Guardian).

Il numero di Lapilli+ di questo mese ci porta su una piccola spiaggia in Grecia dove il contrasto tra pubblico e privato non potrebbe essere più netto. Lo fa ospitando il punto di vista di due ricercatrici dell'Università di Oxford, Vasiliki Poula e Carolina Rota, che studiano come le configurazioni spaziali modellano le identità e le comunità urbane. Il loro commento nasce da una recente visita a quella che Poula conosceva come “la spiaggia del nonno”. Oggi quel tratto di costa è diviso in due: con un lussuoso resort da una parte e una spiaggia libera dall’altra. Questa doppia configurazione ha spinto le autrici a riflettere su una tendenza che interessa tutto il Mediterraneo: spiagge che sempre più spesso perdono il loro ruolo di livellatrici sociali e amplificano invece le disuguaglianze.

P.s: Visto che domani è festa, abbiamo pensato di anticipare l’uscita della newsletter di un giorno. Ne approfittiamo per augurarti un buon ferragosto!

È una mattina rovente di inizio luglio ad Atene. Noi - Vasiliki e Carolina - ci stiamo concedendo qualche giorno di pausa dai nostri dottorati nel Regno Unito, cercando di non pensare a biblioteche e lavoro sul campo per immergerci nell’ozio dell’estate greca. Vasiliki, cresciuta ad Atene, è tornata a casa per una visita e Carolina l’ha accompagnata per una breve vacanza. Stiamo guidando lungo la costa con l’aria condizionata accesa e i finestrini socchiusi, nel tentativo di tenere a bada il caldo. Alla ricerca disperata di un posto dove fare un tuffo, deviamo verso una piccola insenatura che Vasiliki ha sempre chiamato “la spiaggia del nonno”, senza mai sapere se avesse un nome ufficiale. Carolina ha già fatto il giro dei luoghi imperdibili della città e ora è ansiosa di conoscere il punto di vista della gente del posto. Del resto, entrambe studiamo l’esperienza vissuta delle città - come le configurazioni spaziali modellino identità e comunità - e a quanto pare questo modo di guardare il mondo è difficile da abbandonare, anche in vacanza.

Il mare si intravede in lontananza, appena oltre un ampio tratto di asfalto che sembra fungere da parcheggio improvvisato. La spiaggia rimane indecifrabile: non sappiamo ancora che tipo di luogo sia, né a chi appartenga. Un uomo è fermo proprio prima dell'inizio della sabbia, sotto un po' d'ombra. Esitiamo alla vista di un cartello “Vietato parcheggiare”. Rallentiamo e abbassiamo il finestrino. “Ci fermiamo solo per un bagno veloce”, diciamo. Lui sorride e annuisce, facendoci cenno di entrare con un gesto al tempo stesso permissivo e ambiguo. A un certo punto, pensiamo, l’accesso alla spiaggia - nella cosiddetta “Riviera ateniese” e non solo - ha smesso di essere considerato un diritto e ha iniziato a sembrare un favore.

Quando arriviamo di fronte alla riva, la spiaggia ci appare divisa in due: a destra è gestita da privati, mentre a sinistra si estende senza rivendicazioni. Non è sempre stato così, ricorda Vasiliki. È stato nel 2019 che il comune di Vari-Voula-Vouliagmeni, uno dei sobborghi a sud di Atene, ha concesso per la prima volta a una società privata il permesso di gestire quella che era stata designata come spiaggia attrezzata: lettini, ombrelloni, servizio ristorante. L'accordo era chiaro: l’operatore privato poteva occupare fino al 50 per cento della spiaggia, lasciando l’altra metà aperta e gratuita per l’uso pubblico. Tuttavia, il documento non era accompagnato da una mappa dettagliata con linee guida su dove potessero essere collocati tavoli, ombrelloni e lettini a riva.

La spiaggia è divisa in due: un lato è gestito privatamente, mentre l’altro resta accessibile a tutti (Vasiliki Poula).

Questa non è solo una storia locale. In tutto il Mediterraneo e oltre, le coste vengono sempre più spesso ridisegnate, non con recinzioni o decreti formali, ma attraverso una coreografia più sottile fatta di cartelli, tariffe, permessi e assenze. In Italia, ad esempio, il 43 per cento delle spiagge è gestito privatamente, con alcune regioni come la Liguria che vedono quasi il 70 per cento dei propri litorali sotto il controllo di operatori privati. In Libano, si stima che fino all’80 per cento dei circa 220 chilometri di costa non sia accessibile al pubblico.

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