Per secoli considerate zone ostili, paludose e difficili da addomesticare, i delta dei fiumi che sfociano nel mar Mediterraneo sono oggi modellati dalle linee simmetriche dell’agricoltura intensiva e dell’acquacoltura. Ricettori di contaminazione urbana e rurale, i fiumi trasportano queste sostanze verso il mare, dove mescolano le loro acque dolci con quelle salate. In questa edizione di Lapilli+ viaggiamo tra gli ecosistemi mutevoli del delta del Po e del suo analogo spagnolo, il delta del fiume Ebro. Luoghi che racchiudono le sfide ambientali del nostro tempo: inquinamento, agricoltura sempre più industrializzata e aumento delle temperature. Buona lettura e buone feste!

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Nel suo laboratorio all'interno dell’Istituto Delta di ecologia applicata in provincia di Ferrara, il biologo Edoardo Turolla da decenni riproduce molluschi bivalvi come vongole e cozze. Indicando dei recipienti colmi d’acqua di diverse tonalità di verde, ci mostra quali microalghe servono ad alimentare le migliaia di molluschi che con il suo team sta facendo schiudere nell’ambito di vari progetti nazionali e internazionali di ricerca e sviluppo.

Tutti a Goro e dintorni lo conoscono, e ogni volta che qualcuno trova qualcosa di curioso in acqua, lo chiamano per delucidazioni. Nel 2015, Turolla ebbe la fortuna di imbattersi in una rara varietà di ostrica, dal colore dorato, nella Sacca di Goro, a sud del delta del Po. Nella stessa settimana, un pescatore trovò un secondo esemplare dello stesso colore, ma di sesso opposto. “Da quei due esemplari siamo riusciti a riprodurre migliaia di altre ostriche, che abbiamo chiamato varietà Golden”, racconta Turolla.

Goro, Ferrara: interno di un allevamento di vongole. La biologa marina Michela Grendene di fronte a cilindri di vetro dove viene generato il fitoplancton, utilizzato per nutrire le larve di vongola. La ditta fornisce vongole giovani alle cooperative locali da circa 10 anni (Daniela Sala).

Famosa in tutta Europa come capitale assoluta della produzione di vongole veraci (Ruditapes philippinarum) da qualche anno la comunità di Goro sta puntando anche su altro. Nel suo ambiente lagunare di circa 2mila ettari si concentra più della metà della produzione italiana di vongole e circa il 40 per cento di quella europea. Alle prese con aumento delle temperature, mancanza di ossigeno e granchi blu, i molluschicoltori locali stanno affiancando alle famose coltivazioni di vongole, anche quelle di ostriche (Ostrea edulis) per differenziare la produzione locale e ovviare alla dipendenza da un’unica specie. L’ostrica, infatti, si adatta meglio di cozze e vongole ai cambiamenti di temperature delle acque, particolarmente nei bassi fondali del mar Adriatico.

A 1.200 chilometri a ovest, nella baia di El Fangar, nel sud della Spagna, la biologa Eve Galimany e due colleghe del dipartimento di Risorse marine rinnovabili dell’Istituto di scienze del mare del Consiglio superiore delle ricerche spagnolo (meglio conosciuto come Csic), controllano lo stato di salute di un campione di cozze, in una mattina afosa di inizio luglio. Le ricercatrici sono in visita a un allevamento per vedere le condizioni dei mitili nel delta dell’Ebro. Al progetto partecipano anche dei colleghi che lavorano a Vigo, in Galizia, dove si concentra più del 90 per cento della produzione di cozze della Spagna e il 40 per cento del totale europeo. Lo studio dovrebbe poter aiutare a prevenire e mitigare i danni legati all’aumento delle temperature in Galizia, osservando la situazione nelle colonie mediterranee.

“Qui nel delta dell’Ebro c’è la stessa varietà di cozze che in Galizia”, spiega Galimany. “I due ambienti sono però molto diversi. Qui nel Mediterraneo la temperatura è molto più elevata, ma negli ultimi anni le acque atlantiche stanno a loro volta vivendo fenomeni di alte temperature”. Maggiori temperature del mare portano a un rischio maggiore di mortalità delle cozze. “Quello che vediamo qui è ciò che potrebbe succedere in un prossimo futuro in Galizia”, continua Galimany. 

Baia di El Fangar, delta dell'Ebro: la biologa marina Eve Galimany prepara le cozze per l'analisi. Studiando la loro digestione, il team indaga su come le cozze si adattano ai livelli di nutrienti, all'eutrofizzazione e all'aumento delle temperature: informazioni fondamentali per prevenire morie di massa (Daniela Sala).

Nella baia nel sud della Catalogna la mortalità delle cozze inizia quando l'acqua tocca circa 28 gradi centigradi, mentre in Galizia, in un ambiente molto più freddo, la mortalità inizia già a 17 gradi. Negli ultimi anni questi picchi di temperatura si raggiungono prima che in passato, e quindi le cozze devono essere raccolte già a inizio estate, spiega Galimany. 

Le ricercatrici prendono nota di quanti litri di acqua vengono filtrati dal mollusco e a quale ritmo. In condizioni ottimali una cozza filtra 4 litri di acqua all’ora. Ma in condizioni di alte temperature, il dato scende a mezzo litro per ora, perché le cozze smettono di mangiare (e filtrare) per lo stress provocato dal caldo. 

Con queste informazioni le ricercatrici potranno così contribuire allo sviluppo di strumenti per gli allevatori e sapere quando le cozze entrano in stress termico e quindi identificare il momento migliore per raccoglierle prima che muoiano. Ma il destino degli allevamenti di cozze nelle baie del delta catalano - come quello delle vongole nelle acque del delta del Po - rimane incerto se la temperatura media del mare continuerà a crescere.

In entrambi i delta le temperature in aumento non sono l’unica preoccupazione. Nella Sacca di Goro, l’acqua dolce e naturalmente ricca di nutrienti dei rami del Po incontra l’acqua salata del mare Adriatico, un ambiente diventato ideale non solo per la crescita dei molluschi, ma anche per una specie fortemente invasiva come il granchio blu. 

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