L’autunno italiano ed europeo è arrivato sulla coda di una lunga, torrida e secca estate, segnata da temperature ben oltre le medie stagionali a partire dallo scorso maggio.

E se l’autunno caldo rallenta la pressione della crisi del gas e l’accensione dei termosifoni, l’assenza di piogge contribuisce al perdurare della siccità, con livelli di riempimento dei bacini di laghi e fiumi drasticamente sotto la media stagionale. La prospettiva sembra essere quella di una prolungata sofferenza idrica che potrebbe continuare nel 2023, come riportato dall'Osservatorio Anbi (Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni) sulle risorse idriche che cita i dati di un altro osservatorio, l’European drought observatory (Edo).

Una “linea di aridità” divide l’Italia in due, con il nord ovest in “zona rossa”, così come ampie porzioni di Portogallo, Spagna, Francia, Germania, Paesi Bassi e sud dell’Inghilterra.

E se si avverte “la sofferenza di un territorio in costante attesa di piogge” al nord (il bacino del lago Maggiore è al 18,7 per cento del riempimento, quello del lago di Como all’8,5, del lago d’Iseo al 5, mentre l’Adda e l'Adige sono ai minimi del decennio) rimane l’anomalia della Sicilia: nell'ultimo mese interessata, soprattutto nel Trapanese, da episodi alluvionali che hanno apportato inusuali volumi agli invasi.

Ma nei Lapilli di novembre non parliamo solo di questo. Tanti altri contenuti su ambiente e Mediterraneo ci hanno colpiti nel mese trascorso. Se non sai chi siamo, trovi qui il manifesto di Magma.

Scorie nucleari. La crisi energetica provocata dalla pandemia e aggravata dal conflitto ucraino e dalle sanzioni alla Russia (assieme ai piani di annullamento delle emissioni di gas serra entro il 2050) ha rinnovato un acceso dibattito su energia nucleare e impianti atomici da parte di politica e opinione pubblica.

A inizio 2022, la Commissione europea ha deciso di inserire il nucleare all’interno della cosiddetta “tassonomia verde”, una lista di fonti di energia e attività economiche considerate sostenibili dal punto di vista ambientale per la transizione energetica.

Se la Francia parla di “rinascita” del nucleare, con la costruzione di sei nuovi reattori entro il 2037, e la Germania annuncia il mantenimento delle tre centrali almeno fino a metà aprile, anche in Italia si torna a parlare di nucleare di nuova generazione. Una parte delle risorse del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) potrebbe essere destinata a sperimentazioni in questo senso.

Uno dei maggiori interrogativi rimane la gestione delle scorie prodotte, o decommissioning - la dismissione in sicurezza dei rifiuti radioattivi.

Un articolo pubblicato su L'Essenziale spiega come la Sogin (società pubblica che si occupa della gestione delle scorie) abbia trasmesso al ministero della Transizione ecologica, ribattezzato dell’Ambiente e della sicurezza energetica dal nuovo governo, la proposta delle aree idonee a ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, o Cnai (Carta nazionale delle aree idonee). “Sulla cartina ne sono segnate 57, ma alla fine ne rimarrà soltanto una,” scrive su L’Essenziale Gabriele D’Angelo riguardo alle zone indicate.

In Italia ci sono una ventina di depositi temporanei di scorie nucleari. Circa la metà delle scorie a media intensità arriva non da vecchi reattori ma da ospedali, centri di ricerca e industrie. Il deposito nazionale dovrebbe entrare in funzione nel 2029: una struttura di 150 ettari dotata di un parco tecnologico e composto da due sottostrutture, per rifiuti a bassa e a medio-alta attività.

Le 57 aree individuate sono dislocate in sei regioni: la maggior parte (22) nel Lazio, seguono Basilicata con 17 aree, Sardegna con 10, Piemonte con sei, Sicilia con due, e infine Puglia con un’area assegnata. Nessuna regione si è detta aperta ad accogliere il deposito. C'è però chi va controcorrente: il comune di Trino, nel Vercellese, dove si trova già un deposito temporaneo, si è candidato a ospitare il deposito nazionale e l’annesso parco tecnologico. In Piemonte risiede circa l’80 per cento della radioattività italiana. Il deposito di Trino consentirebbe di mettere in sicurezza le scorie già presenti sul territorio.

Nonostante il ravvivato dibattito politico, l’iter appare ancora lungo. L’investimento complessivo prevede un cantiere da 900 milioni di euro, quattromila operai e quattro anni di durata.

Cop27 in Egitto. Dal 6 al 18 novembre, a Sharm el-Sheikh, si terrà la ventisettesima conferenza delle Nazioni unite sul clima o Cop27. La conferenza annuale si avvia dopo un anno segnato da disastri ambientali e record di temperature stagionali.

Come riporta Internazionale, la conferenza di quest’anno partirà un po’ in sordina rispetto a quella tenutasi l’anno scorso a Glasgow, in Scozia, dove vennero definiti i termini entro quali i paesi si impegnavano a ridurre le emissioni in base a quanto stabilito dall’accordo di Parigi del 2015.

La Cop27 rappresenta dunque un’occasione per rinnovare l’impegno espresso negli ambiti di mitigazione e finanziamenti, e per discutere il mantenimento di questi impegni. Come riporta il Climate Action Tracker, a pochi giorni dall’inizio della Cop27, solo 21 paesi hanno fornito aggiornamenti sui loro programmi e pochi hanno presentato nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni. Tra quelli responsabili di più dell’uno per cento delle emissioni globali di anidride carbonica, solo India e Australia hanno portato aggiornamenti.

Il mancato obiettivo da parte dei paesi avanzati di fornire 100 miliardi di dollari l’anno ai paesi in via di sviluppo per aiutarli a ridurre le emissioni e prepararsi al cambiamento climatico è stato reindirizzato al 2023. I paesi meno industrializzati probabilmente avanzeranno richieste per i risarcimenti “loss and damage” (perdite e danni) ai paesi più sviluppati per gli impatti dei cambiamenti climatici oltre i limiti di adattamento. I paesi industrializzati potrebbero invece chiedere un maggiore impegno da parte dei grandi paesi in via di sviluppo - Cina, India, Brasile, Indonesia e Sud Africa - per abbandonare il carbone.

Visto il luogo in cui si terrà la conferenza, il Mediterraneo gioca un ruolo centrale in questa edizione della Cop27, con un padiglione dedicato, come annunciato dall'Unione per il Mediterraneo (UpM). Il “Padiglione del Mediterraneo”, scrive AnsaMed, offrirà a una rete di esperti mediterranei sui cambiamenti climatici e ambientali (MedECC) l'opportunità di discutere sfide e iniziative nella regione.

Olive “a nord”. Come riporta il Secolo XIX, a causa delle prolungate temperature al di sopra della media stagionale, quest’anno i raccolti dei vigneti liguri, per quanto abbondanti, sono avvenuti precocemente. Anche le olive sono state pronte per la raccolta prima del solito e il caldo anomalo ha portato una novità: oliveti che facevano fatica ad attecchire al nord, stanno ora dando i loro “frutti”. Se i trend climatici verranno confermati, nei prossimi anni la produzione di olio potrebbe allargarsi alle regioni del nord, come Piemonte e Lombardia, che finora, a causa delle basse temperature, non riuscivano a competere con i principali produttori italiani del centro e sud Italia.

Variazioni climatiche. Secondo un indice che l’organizzazione non governativa statunitense Climate Central ha elaborato per quantificare l’influenza dei cambiamenti climatici sulle temperature giornaliere di tutto il mondo, Genova e Napoli sono rispettivamente al nono e decimo posto tra le città europee che hanno più risentito del riscaldamento globale nell’ultimo anno, scrive sempre il Secolo XIX.

L’indice globale della variazione climatica (Global Climate Shift Index, CSI-Global) è stato messo a punto da Climate Central proprio per valutare l'impatto del cambiamento climatico indotto dall’uomo sulle temperature locali. La classifica europea vede ai primi posti Longyearbyen, in Norvegia, seguita da Madrid, La Valletta, Valencia, Saragozza, Douglas, sull’isola di Man, Barcellona, Torshavn, sulle isole Faroe, Genova e Napoli.

Il Global Climate Shift Index misura con un valore da uno a cinque la probabilità che la temperatura in uno specifico giorno in una certa città sia stata influenzata dal cambiamento climatico, per un periodo che va dal primo ottobre 2021 al 30 settembre 2022.

Pesce conteso. Il Mediterraneo è il mare più sfruttato al mondo, in termini di pesca. Per questo motivo l’Unione europea e altre organizzazioni internazionali cercano di limitarne lo sfruttamento, mentre le grandi lobby del commercio ittico remano contro nuove restrizioni. Contemporaneamente il Mediterraneo si sta riscaldando più velocemente della media degli altri mari del mondo e questo porta a un ulteriore stress per gli ecosistemi sottomarini. In un reportage dalla Sicilia, Sara Manisera e il nostro Davide Mancini raccontano su Lifegate come i pescatori e commercianti di pesce siciliani si sentano spesso vittime delle restrizioni dell’Ue da un lato e della concorrenza crescente delle flotte nordafricane dall’altro.

Porto Bagnera, in Sicilia. I pescatori siciliani si sentono spesso vittima delle restrizioni dell'Unione europea e della concorrenza con flotte straniere in acque internazionali (Davide Mancini)

Meduse in cucina. Qualcuno potrebbe storcere il naso: meduse sulle tavole italiane? Questo articolo di Agostino Petroni pubblicato su Hakai Magazine offre un approfondimento sull’argomento spesso fonte di dibattito: l’adozione o meno di questi invertebrati gelatinosi come ingredienti gourmet e prodotti culinari. Tra una zuppa e una frittura, Petroni espone anche le questioni economiche ed ecologiche dietro a una scelta del genere.

Il preoccupante aumento delle popolazioni di questi ctenofori, al quale si è assistito dall'inizio di questo secolo, ha portato a un sovraffollamento marino in varie parti del mondo, Mediterraneo compreso. Sovraffollamento che ha pesanti conseguenze sia sull’industria della pesca che del turismo: le meduse mangiano il pescato o appesantiscono le reti dei pescatori, spesso rompendole; i turisti scelgono altre destinazioni.

Le meduse tolte al mare e consegnate ai fornelli - diventando quindi reddito e non più solo ingombro per i pescatori - potrebbero in parte alleviare il problema?

Ci sono anche rischi e spinte opposte: il mondo della ristorazione - eccezion fatta per un gruppo ristretto di chef e imprenditori - rimane restio ad aggiungere il nuovo ingrediente ai piatti dei loro menù (gli chef hanno comunque bisogno di una lettera di autorizzazione). Al tempo stesso, rimuovere grandi quantità di meduse dal mare potrebbe cambiare gli equilibri dell’ecosistema senza che se ne conoscano le conseguenze.

Dallo studio innovativo dei molteplici usi che si possono fare di questi ctenofori - dalla ristorazione, ai fertilizzanti, ai cosmetici, fino alla gestione delle microplastiche - nasce il progetto GoJelly, sostenuto dall’Istituto di scienze della produzione alimentare (Ispa) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). Da circa 10 anni il Cnr lavora a un progetto per introdurre le meduse nei ristoranti, ma il tragitto dal mare alla cucina è ancora lungo, se del tutto percorribile. Diversamente dalla tradizione culinaria asiatica, dove le meduse sono utilizzate in diverse portate, in Europa la vendita per il consumo umano rimane vietata, non essendo considerate un alimento sicuro.

Eruzione con tsunami. Torna a eruttare lo Stromboli. L'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) ha ripreso con un drone i flussi piroclastici in discesa sul mare sotto la sciara del fuoco, filmando anche la formazione di un piccolo tsunami lungo la costa occidentale dell’isola.

Le immagini aeree hanno catturato il momento in cui si forma l’onda, mentre il mare rapidamente si ritira lasciando scoperto il fondale. La recente eruzione ha anche modificato la sciara del fuoco, creando un canyon di quasi un chilometro che dalla sommità del cratere arriva fino al mare.

Vaia, l’anniversario. Il 29 ottobre 2018, nel Triveneto si verificò uno degli eventi climatici più disastrosi dell’ultimo decennio: la cosiddetta tempesta Vaia, un fortissimo vento caldo proveniente dal Mediterraneo con punte di oltre 200 chilometri orari che sradicò milioni di alberi, per lo più abeti, in poche ore.

A quattro anni dalla tempesta riproponiamo un podcast del 2021. I giornalisti Ferdinando Cotugno e Luigi Torreggiani sono tornati sui luoghi colpiti e in un podcast di quattro puntate, Vaia - alberi, esseri umani, clima, co-prodotto dalla Compagnia delle Foreste e dal quotidiano Domani, hanno ripercorso gli eventi, intervistando testimoni ed esperti, raccontando il rumore della tempesta, la sofferenza della foresta e quanto è accaduto negli anni successivi.

LUCIA DE STEFANI
Editor per una rivista americana per studenti. Come freelance, scrive recensioni su progetti fotografici e di illustrazione. Vive e lavora a New York, ma appena può torna a respirare il Mediterraneo.

Questo è quanto per questo mese. Grazie per aver letto fino a qui. Ci vediamo a dicembre.

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