Eccoci tornati con nuovi Lapilli. Ce ne sono anche di veri, questo mese. L’Etna torna a eruttare e suggestivi video ci portano vicino alla colata lavica. Parliamo anche delle temperature torride di maggio, banche dei semi, early warning system e città che cercano di svincolarsi dal gas russo. Questi i contenuti su ambiente e Mediterraneo che ci hanno più colpiti nel mese di maggio. Se non sai chi siamo, trovi qui il manifesto e la ciurma di Magma.

L’estate a maggio. Quello appena trascorso potrebbe essere ricordato come il maggio più caldo del secolo. Un’ondata di calore senza precedenti ha infatti investito l’intera area mediterranea, facendo schizzare le temperature in molti paesi. In alcune aree della Spagna le temperature hanno superato i 40 gradi Celsius, quasi 15 gradi in più rispetto alla media stagionale della regione. Anche la Francia ha sperimentato picchi di calore anomali, con temperature record nella regione meridionale, tra Toulouse e Montélimar. Ma il non invidiabile primato va a Sidi Slimane, in Marocco, dove si sono toccati i 45,7 gradi Celsius, superando il precedente record nazionale di 45,6 gradi registrato ad Agadir nel maggio del 2015, come riporta il meteorologo Scott Duncan. Temperature paragonabili a quelle estive, sui quattro o cinque gradi sopra la media, si stanno registrando anche nelle acque di superficie di tutto il bacino, come evidente da queste mappe. Il caldo anomalo è in larga parte causato dalla massa di aria calda e secca proveniente dal nord Africa. Secondo Aemet, l’agenzia meteorologica statale spagnola, il clima della regione si sta pian piano spostando verso il sud Europa. Gli esperti avvertono che ondate di calore simili potrebbero diventare più comuni e intense negli anni a venire a causa della crisi climatica.

“La frequenza e l’intensità delle ondate di calore si verificheranno in luoghi già caldi, ma saranno peggiori nelle zone con un clima più mite perché non si sono ancora adattate a eventi estremi”, ha affermato Francisco Doblas-Reyes, direttore del dipartimento di Scienze della terra del Barcelona supercomputing center in un’intervista a Bloomberg. In Italia, la frequenza di tali eventi è raddoppiata negli ultimi 20 anni, come mostrano i dati raccolti dall’istituto superiore per la Protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Le alte temperature della stagione primaverile seguono un inverno particolarmente secco e privo di precipitazioni in tutto il bacino del Mediterraneo. A farne le spese è l'agricoltura, per la quale si avvicina la stagione del raccolto. Uno dei casi più problematici è quello del Marocco, dove il settore fornisce impiego a quasi metà della popolazione. Come racconta questo servizio della Rai, un numero crescente di agricoltori e allevatori sta valutando la possibilità di emigrare a causa delle difficili condizioni ambientali causate dalla siccità prolungata. Per combattere l’emergenza, il re Mohammed VI ha ordinato lo stanziamento di un fondo da un miliardo di dollari (935 milioni di euro).

Zurigo verso l’addio al gas russo. Un articolo uscito su NPR racconta come la città più grande della Svizzera vorrebbe diminuire la propria dipendenza dal gas naturale proveniente dalla Russia (che copre circa la metà del fabbisogno nazionale) sfruttando l’energia prodotta attraverso il teleriscaldamento, un sistema che utilizza il calore in eccesso proveniente da un inceneritore per fornire acqua calda e calore ad abitazioni e aziende. Il piano fu lanciato inizialmente nel 2011 per promuovere risparmio economico e contrastare il cambiamento climatico, ma incontrò un’iniziale resistenza da parte dei residenti e fu posticipato. A distanza di oltre un decennio, complice il desiderio di un’ampia fetta della popolazione di svincolarsi dalle forniture russe, l’amministrazione cittadina ha riscontrato maggiore consenso verso il progetto, unendosi a un numero sempre crescente di città e comuni che stanno sfruttando il conflitto ucraino per rivedere le proprie politiche energetiche.

Sistemi di allerta climatica. In Egitto, alcuni distretti nel sud del paese stanno sperimentando un nuovo strumento per contrastare gli effetti del cambiamento climatico: i sistemi di allerta precoce. Consultabili sulla base dei bisogni di contadini e agricoltori, questi sistemi forniscono indicazioni precise su come adattare, per esempio, irrigazione e fertilizzazione in base a eventi climatici estremi e repentini che potrebbero danneggiare i raccolti. Come si legge in questo articolo su Climate Tracker, un rapporto pubblicato a ottobre 2020 dal servizio sullo stato del clima dell’Organizzazione meteorologica mondiale (in inglese Wmo) ha monitorato negli ultimi 50 anni oltre 11mila disastri ambientali, i quali hanno causato perdite economiche per 3,6 trilioni di dollari (3,2 trilioni di euro) e circa due milioni di morti. Dal rapporto risulta che una persona su tre non aveva accesso adeguato agli early warning system, quando i sistemi di allerta precoci sono sempre più riconosciuti come strumenti di grande importanza per l'adattamento a eventi meteorologici estremi e il contenimento del loro impatto violento sulle comunità.

Il ritorno del lupo. Da animale in via di estinzione a specie protetta, il grande predatore sta tornando ad abitare vaste aree geografiche della nostra penisola, colonizzando molti ambienti a sua disposizione. Secondo quanto emerge da un monitoraggio realizzato dall’Ispra per conto del ministero della Transizione ecologica, nella penisola italiana vivono 3.300 esemplari di lupi, di cui circa 950 sull’arco alpino e 2.400 distribuiti nel resto del paese. Come spiega un articolo pubblicato su Lifegate, l’aumento è dovuto prevalentemente all’incremento del numero delle prede disponibili. Questa crescita può tuttavia far emergere nuovi problemi per le attività di allevamento e per le interazioni con la popolazione, come accaduto in altre parti del mondo. Per chi volesse approfondire, la newsletter Areale a cura di Ferdinando Cotugno, giornalista di Domani, offre interessanti spunti sulla distribuzione territoriale di questi predatori e su come sia stata gestita l’operazione di monitoraggio e la meticolosa raccolta dati.

I semi del Libano. Nella valle della Bekaa in Libano ha sede l’Icarda, uno dei massimi centri di ricerca sulle zone aride e banca dei semi a livello internazionale. Qui un gruppo di studiosi raccoglie e conserva migliaia di semi autoctoni provenienti da queste regioni fortemente colpite dalla crisi climatica, creando un patrimonio agricolo che potrebbe aiutare il paese ad affrontare le sfide alimentari del futuro. Con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e l’aumento dei prezzi dei cereali, i semi conservati all’Icarda rappresentano un’alternativa alla crescente dipendenza dalle importazioni dei beni di prima necessità del paese, che oggi riceve l’85 per cento del proprio grano da Ucraina e Russia. Lo hanno raccontato Arianna Poletti e Sara Manisera su RSI.

L’Etna torna a eruttare. Dopo oltre un mese di quiete, il cratere sud-est dell’Etna è tornato in attività. Le telecamere dell’istituto nazionale di Geofisica e vulcanologia (Ingv) hanno registrato un nuovo trabocco lavico del cratere, accompagnato da fontane di lava di circa 800 metri d’altezza, grossi lapilli, cenere vulcanica, forti boati e una colata diretta verso la Valle del Bove. Il fenomeno, caratterizzato da bolle di lava che esplodono in superficie, fa parte del normale ciclo vitale del vulcano. Gli esperti dell’Ingv hanno rilevato che il cratere attivo è cresciuto, diventando il più alto tra i quattro della sommità dell’Etna e facendo aumentare l’altezza complessiva del vulcano di circa 30 metri. In un video pubblicato da Rai News, un drone segue la colata lavica proveniente dalla nuova bocca aperta su un fianco sud-est del cratere.

LUCIA DE STEFANI
Editor per una rivista americana per studenti. Come freelance, scrive recensioni su progetti fotografici e di illustrazione. Vive e lavora a New York, ma appena può torna a respirare il Mediterraneo.

Questo è quanto per questo mese. Grazie per aver letto fino a qui. Ci vediamo a luglio.

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