Abbiamo da poco salutato un’estate certamente non comune. Un’estate che dopo continue ondate di calore, mesi e mesi di siccità, si è conclusa con la tragica alluvione che ha colpito le Marche tra il 15 e il 16 settembre scorso e nella quale almeno 11 persone hanno perso la vita. Per non girare pagina troppo velocemente e prenderci un momento di riflessione, nei Lapilli di ottobre abbiamo chiesto a due fisici del clima (che ringraziamo) di aiutarci a contestualizzare quello che abbiamo appena vissuto e metterlo in prospettiva: Piero Lionello dell'Università del Salento ed Erika Coppola del Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam (Ictp) di Trieste. Entrambi hanno contribuito all’ultimo rapporto del Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc), l’organismo internazionale che valuta le conoscenze scientifiche sui cambiamenti climatici. Come sempre, abbiamo incluso anche qualche segnalazione più incoraggiante, perché se da un lato la traiettoria verso la quale stiamo andando non è delle migliori (anzi!), siamo convinti che ci sia ancora tantissimo da fare per adattarsi a un mondo che cambia.

Le interviste sono state ridotte e leggermente modificate per facilitarne la lettura.

PIERO LIONELLO Professore di Fisica dell'atmosfera e oceanografia e direttore del master in Meteorologia e oceanografia fisica dell'Università del Salento, è tra gli autori principali del capitolo sull’Europa e di quello trasversale sul Mediterraneo del volume dedicato a impatti, adattamento e vulnerabilità del sesto rapporto di valutazione dell’Ipcc.

Quest’estate abbiamo avuto temperature da record, continue ondate di calore, pochissime precipitazioni, se non in forma violenta ad agosto e settembre (un esempio su tutti l'alluvione nelle Marche). Cosa ci dice l’estate 2022 del clima che ci attende, soprattutto per l’Italia e l’area del Mediterraneo?
Interpretare i singoli eventi climatici o meteorologici, come per esempio la recente inondazione nelle Marche, in termini di cambiamento climatico è cosa che andrebbe sempre fatta con cautela. L'attribuzione del singolo evento è scientificamente problematica e lascerei agli esperti il dibattersi su questo tema. Il singolo evento estremo è sempre una combinazione di fattori, di singole circostanze irripetibili. Però il tipo di situazioni che stiamo vedendo quest'estate sono coerenti con quelle che sono le attese da parte dei climatologi come conseguenza del cambiamento climatico in atto. C'è sicuramente una coerenza in termini di ondate di calore, siccità ed eventi di precipitazioni estreme; diciamo un'anticipazione delle condizioni che diventeranno sempre più frequenti e intense in futuro in assenza di adeguate strategie di mitigazione.

C’è qualcosa che ha sorpreso particolarmente gli scienziati del clima su quanto vissuto negli ultimi mesi o siamo comunque in linea con quanto previsto da studi e modelli?
Siamo abbastanza allineati sulle previsioni “peggiori”, con lo scenario di emissione più alta. L'aumento delle ondate di calore è una delle conseguenze dei cambiamenti [climatici] più evidenti sulla quale da maggior tempo c'è il consenso della comunità scientifica e anche da più tempo ci sono delle evidenze osservative. Tutte le aree del mondo, con pochissime eccezioni, ma in particolare le superfici continentali dell'emisfero nord, sono soggette a questi fenomeni. Nel caso del Mediterraneo ci attendiamo una intensificazione delle ondate di calore, in particolare durante la stagione estiva. Inoltre, nelle terre attorno al Mediterraneo, oltre all’aumento dell’effetto serra, il suolo durante l'estate diviene più secco di quello che già naturalmente è. Questo impedisce quel meccanismo di raffreddamento che è l'evaporazione. E di conseguenza c'è un supplementare aumento di temperatura rispetto all'effetto serra. E questo è un effetto molto forte in estate nelle zone continentali del Mediterraneo.

Come descriverebbe il Mediterraneo che ci attende?
La diminuzione delle risorse idriche dovuto all'effetto combinato della diminuzione della precipitazione e dell’aumento dell'evapotraspirazione. Questo si tradurrà in siccità più frequenti e prolungate. Poi c'è senz'altro l'aumento delle temperature, che però con l'eccezione dell'estate ha delle caratteristiche abbastanza simili a quello delle altre terre emerse sulle stesse latitudini. E abbiamo l'aumento del livello del mare. Aumento che non è particolarmente anomalo nel Mediterraneo. Non è che nel Mediterraneo il mare aumenterà più che in altre aree. Però la situazione degli insediamenti lungo la costa è tale che lo rende vulnerabile perché ci sono tanti insediamenti, tante attività collocate in prossimità della costa. C'è una morfologia che non è abituata a fronteggiare grandi escursioni di livello del mare, perché le maree sono piccole nel Mediterraneo. Ci sono poi alcune zone del nord-ovest del Mediterraneo dove i modelli indicano un aumento delle precipitazioni estreme, che è coerente con la fenomenologia. Le precipitazioni estreme infatti sono la combinazione di un'anomalia della circolazione che si sovrappone con una quantità enorme di aria calda e umida negli strati bassi. Aria calda e umida degli strati bassi sopra il mare è favorita dal cambiamento climatico. Quindi è coerente attendersi questa intensificazione degli eventi estremi. Il fatto che i ricercatori siano ancora a dibattere su quello che è stato osservato o no è determinato dall'estrema irregolarità di questi fenomeni.

Ha contribuito alla lettera aperta che ad agosto molti scienziati del clima hanno firmato per chiedere alla politica di occuparsi seriamente della crisi climatica: al nuovo governo cosa suggerirebbe di fare come prima cosa?
Non ritengo spetti agli scienziati sostituirsi ai politici né decidere le azioni che i governi devono adottare. Quello che noi scienziati dobbiamo fare è fare presente ai politici che il cambiamento climatico è reale, sta accadendo. E quello che accadrà in futuro dipende molto da quello che noi facciamo ora. E per prepararsi al futuro è importante agire ora, sia in termini di adattamento che in termini di mitigazione. Gli scienziati non devono dire ai politici quello che devono fare. Devono solo informarli sulle conseguenze delle loro azioni o sulle conseguenze anche delle azioni mancate. Quindi se non si agisce ora per contrastare il cambiamento climatico, avremo davanti un futuro molto diverso dal presente in cui ci saranno una certa quantità di aspetti negativi. Negativi a scapito della società, del benessere degli individui, del benessere in senso generale delle popolazioni, sia economico che ambientale e anche degli ecosistemi. Le perdite di ecosistemi possono essere delle perdite irreparabili, questo dobbiamo tenerlo presente.

ERIKA COPPOLA Ricercatrice del Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam (Ictp) di Trieste. Insieme a oltre 200 colleghi, fa parte del gruppo di lavoro 1 dell’Ipcc che si occupa di valutare quello che sappiamo sulla fisica alla base dei cambiamenti climatici.

Cosa rende l’estate 2022 eccezionale e al tempo stesso una possibile anteprima degli anni che ci attendono?
Quello che rende quest’estate eccezionale è che si sono verificati più di un evento estremo insieme. Abbiamo assistito a ondate di calore abbastanza importanti in tutto il bacino del Mediterraneo, soprattutto in Francia. Queste si sono associate all'episodio di siccità più lungo degli ultimi 60 anni che è stato registrato per il nord Italia, ma anche nei territori d'oltralpe, tutto il bacino del Reno e di tutti i fiumi del centro nord dell'Europa. A questo si sono uniti fenomeni di precipitazioni estreme che, appena le ondate di calore sono terminate, appena ci si è avvicinati al periodo autunnale, hanno iniziato a flagellare diversi posti tra cui appunto le Marche. Questo è un esempio di ciò che si vede succedere all'aumentare del riscaldamento globale. Cioè nelle proiezioni basate sia su modelli globali, ma ancor più in dettaglio in quelli regionali, vediamo che all’aumentare del riscaldamento globale, questi tipi di eventi colpiranno sempre più regioni e diversi tipi di eventi si susseguiranno nella stessa regione. Questo è importante perché se una regione viene prima colpita da un'ondata di calore, dalla siccità e dagli incendi, come è successo quest'anno, e poi viene colpita da fenomeni di alluvione, l'impatto sull’ecosistema e sull’uomo può essere più pesante rispetto a un singolo evento.

Al momento la temperatura media globale è aumentata solo di un grado e poco più rispetto al periodo pre-industriale. Quanto sappiamo esattamente di quello che ci attende se non riuscissimo a rispettare gli impegni presi a Parigi, soprattutto per l'area mediterranea?
Quello che sappiamo dalle proiezioni dei modelli globali o a scala regionale, come nel caso del bacino del Mediterraneo, è che i cambiamenti dei diversi fattori di impatto — dove per fattori di impatto si intende ondate di calore, siccità, alluvioni ed episodi di incendi naturali, non innescati dall'uomo — sono più diffusi a due gradi di innalzamento del livello di temperatura globale, rispetto a un innalzamento di 1,5 gradi. Il Mediterraneo è la regione dove il maggior numero di questi tipi di eventi si manifesta contemporaneamente all'aumentare della temperatura globale. Con due gradi di riscaldamento globale, il Mediterraneo avrà un aumento di ondate di calore, di siccità, di precipitazioni, di incendi; innalzamento del livello del mare, medio ed estremo; una diminuzione della copertura nevosa e del vento medio. Quindi, quando avremo raggiunto i due gradi a livello globale, sarà molto più probabile che una serie di eventi come quella che è stata vista quest'estate si susseguirà nel bacino del Mediterraneo. E con l'aumentare della temperatura, sia l'intensità sia la frequenza di questi eventi impattanti sull'ecosistema e sull'uomo e tutto l'ambiente del Mediterraneo diventano più diffuse. Questo è un risultato che è stato scritto a chiare lettere per la prima volta nell'ultimo rapporto dell’Ipcc.

Sappiamo che a influire maggiormente sull’aumento delle temperature sono le emissioni di anidride carbonica e altri gas serra prodotti dalle attività umane. Allo stesso tempo esistono anche variazioni naturali del clima. Come potremmo spiegare in termini semplici il rapporto tra queste due variabili?
La coesistenza dei cicli naturali del clima e il riscaldamento globale non significa che i cicli naturali del clima possano disturbare il trend di riscaldamento globale. Quello che può succedere è che una determinata fase del ciclo naturale di variazione del clima si sommi o si sottragga al trend per una determinata regione per un determinato fenomeno dovuto al riscaldamento globale. Se queste ondate di calore fossero dovute a oscillazioni naturali del clima, non avremmo un trend sempre positivo. Ė come quando immagino di fare una salita in bicicletta. Lo sforzo che faccio per salire, indipendentemente che la salita sia costante oppure abbia delle gobbette che mi portano su e giù, rimane, perché sto andando in salita. La gobbetta che porta su e giù può farmi tirare momentaneamente il respiro perché c'è una piccola discesa, ma poi la salita ricomincia di nuovo. Quindi il particolare evento in una particolare regione non cambia il trend a lungo termine osservato nella regione stessa.

Che cosa possiamo fare nel nostro piccolo?
Informarsi il più accuratamente possibile, capire quanto sia importante il problema del riscaldamento globale e informare tutte le persone che ci stanno vicino; partecipare a dibattiti, partecipare a manifestazioni, affinché quando per esempio si scelgono delle persone che ci rappresentano, queste persone siano quelle che noi pensiamo che possano fare qualcosa. Ė ovvio che le azioni da fare sono tante; e ogni governo del mondo sa bene quali sono i diversi scenari che si prospettano a seconda delle scelte di emissioni che si fanno, perché in questi rapporti che noi pubblichiamo i governi alla fine sono là ad approvare quello che viene scritto dalla scienza. Il punto è che per limitare le emissioni bisogna metterci impegno economico, ma anche politico: si deve fare un programma di sviluppo che tenga presente [il problema].

Alluvionati. Tra il 15 e il 16 settembre una violenta alluvione ha travolto le Marche, interessando particolarmente le province di Ancona e Pesaro-Urbino lungo i corsi del Misa, dell’Esino, del Cesano e del Musone. Oltre 400 millimetri di pioggia si sono abbattuti in poche ore su questi territori causando morte e distruzione. A questi link è possibile approfondire cosa è successo, ma anche cosa possiamo fare per meglio prepararci a fenomeni come questi: “per esempio la cura del territorio, per esempio le sistemazioni idrauliche, l’investimento, per esempio, in tutto quello che è la cura del territorio rurale”, dice tra le altre cose Massimiliano Pasqui, climatologo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) ai microfoni del Tg1.  

Gli otto mesi più caldi. Secondo un’elaborazione dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima (Isac) del Cnr, il periodo gennaio-agosto 2022 è stato il più caldo registrato da quando si raccolgono dati in modo sistematico. In alcune zone della Francia, particolarmente colpita da questa estate torrida e secca, anche settembre ha raggiunto temperature da record.

Un incendio sott’acqua. “Una foresta fantasma”: così alcune testimonianze raccolte dall’Agence France-Presse, e riportate in questo articolo, descrivono le devastanti conseguenze che le ondate di calore di quest’estate hanno avuto sulle gorgonie rosse nell’area intorno a Marsiglia, a profondità tra i 10 e i 20 metri. Episodi di mortalità di massa di questa specie di coralli mediterranei sono stati registrati anche in Spagna e in Sardegna.

Agricoltura resiliente. Nella scorsa newsletter abbiamo parlato di vigne che cambiano. Sullo stesso tema suggeriamo un articolo di Stefano Liberti uscito su L’Essenziale dedicato all’impatto dei cambiamenti climatici su uno dei settori agricoli trainanti per il nostro paese e ad alcuni esempi di adattamento. Il giornalista Jonathan Moens è stato invece da poco alla festa del peperoncino di Diamante, in Calabria, per il National Geographic, e in un servizio ne celebra la resilienza alle temperature torride raggiunte quest’estate. Tempo fa anche Francesca Ciancio su Domani aveva pubblicato per l’inserto Cibo la storia di un agronomo che alle Eolie coltiva il Seccagno, un tipo di pomodoro che ha bisogno di pochissima acqua. Senza dimenticare l’incredibile lavoro di selezione delle sementi più adatte al cambiamento climatico che l’Icarda, il centro internazionale per la ricerca agricola nelle aree aride, sta facendo in Libano, raccontato in questo articolo di Mongabay.

Isole-laboratori di economia circolare. Mentre la Grecia non brilla nelle classifiche europee sulla gestione dei rifiuti urbani, le isole di Tilos, Paros e ​​Kythnos si stanno cimentando in varie iniziative rivolte al riciclo e al recupero della maggior parte della spazzatura prodotta a livello municipale. Questo articolo della Thomson Reuters Foundation ripercorre le fasi e i progetti che vedono queste tre isole greche sperimentare buone pratiche per un futuro a rifiuti zero.

Uno dei luoghi che ospita la rassegna: Forte Batteria Siacci a Campo Calabro

Il 3 ottobre abbiamo partecipato alla Biennale dello Stretto, organizzata tra Messina e Campo Calabro da Atelier(s) Alfonso Femia in partnership con società benefit 500x100, gli ordini locali degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, le città metropolitane di Messina e Reggio Calabria. Al centro della Biennale, il Mediterraneo, le sue sponde — mediorientale, europea e africana — e le tre linee d’acqua che le accomunano, di crinale, di piana e di costa. Ringraziamo Atelier(s) Alfonso Femia per averci coinvolto nella prima edizione di questo viaggio che vede un ampio spettro di attori locali, nazionali e internazionali impegnati in uno stimolante dialogo interdisciplinare su quale futuro immaginare per il Mediterraneo.

Ghiaccio fondente. Mai da quando si hanno dati disponibili, il tasso di fusione dei ghiacciai svizzeri ha raggiunto i livelli di quest’anno, neanche nello spesso citato 2003. Secondo quanto diffuso a fine settembre dal network svizzero che monitora i ghiacciai, Glamos, e ripreso da vari media internazionali tra cui Reuters e RaiNews, nel 2022 i ghiacciai svizzeri hanno perso il sei per cento di quel che restava del loro volume, circa tre chilometri cubi di ghiaccio; quasi il doppio di quanto è avvenuto nel 2003, finora detentore del record. Per avere un’idea più sensoriale del ghiaccio che si fonde è possibile ascoltare i suoni raccolti su un altro versante alpino, quello italiano, del ghiacciaio dell’Adamello per il progetto “Un suono in estinzione”.

GUIA BAGGI
Giornalista indipendente, scrive di ambiente e nello specifico della relazione tra l’uomo e il mondo che lo circonda. Negli ultimi anni si sta concentrando sugli impatti che i cambiamenti climatici e altre crisi ambientali hanno sull'area mediterranea – ma su anche iniziative legate all'adattamento. Per questo ha ideato e cofondato Magma.

Questo è quanto per questo mese. Grazie per aver letto fino a qui. Ci vediamo a novembre.

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