Questi Lapilli vi arrivano direttamente da un'isola vulcanica che di lapilli se ne intende: Stromboli. Il vulcano è tra i più attivi e unici al mondo, tanto da dare il nome a un tipo di eruzione, “stromboliana”. Spesso imprevedibile, alterna effusioni di lava a esplosioni piroclastiche che possono scatenare anche - come accaduto nel 2019 - l'allarme tra i turisti sull’isola. Ma recentemente, a fine maggio, Stromboli è assurta alle cronache per un altro tipo di evento: un incendio appiccato per girare una scena di una produzione televisiva che poi si è propagato incontrollato. Il danno ambientale è enorme. Buona parte della macchia mediterranea del versante orientale del vulcano, che a Stromboli include il Citiso delle Eolie, una specie in via di estinzione che cresce solo in queste isole, è andata in fumo. Quello che resta al momento sono sabbia, cenere e tozzi di legno bruciati, come potete vedere da alcune immagini qui sotto. In totale 60 ettari di territorio, comprese le coltivazioni di alcune aziende agricole, sono andati distrutti. I danni economici si stimano intorno ai 50 milioni di euro. Ma la natura sta già facendo il suo corso e a poche settimane dall’incendio si vedono germogliare ampie distese verdeggianti di canna egiziana (Saccharum aegyptiacum), parente della più famosa canna da zucchero. La paura di botanici e guide della zona è che la canna cresca più velocemente e prenda il sopravvento su altre piante, rischiando così di stravolgere il paesaggio dell’isola e ridurne la biodiversità.

Giugno 2022: Cartello bruciato all’inizio del percorso escursionistico (a sinistra). Canne egiziane che, a poche settimane dall’incendio, stanno già ricrescendo (Guglielmo Mattioli)
Il versante bruciato del vulcano e, più in alto, la parte risparmiata dalle fiamme, ricoperta dalla macchia mediterranea (Guglielmo Mattioli)
Stromboli vista dal mare: la differenza tra la parte bruciata durante l’incendio e quella rimasta intatta (Guglielmo Mattioli)

Il Mediterraneo tra siccità, ondate di calore e fenomeni climatici estremi. Ci siamo lasciati a maggio con temperature ampiamente sopra la media stagionale e la situazione non è andata a migliorare. Già verso metà giugno, in Francia e Spagna si sono registrate punte di calore da record; e nella penisola iberica si sono sviluppati incendi che hanno distrutto 25 mila ettari di terreno in Castiglia e León (senza elencare quelli che si sono sviluppati in tutto il bacino nei giorni seguenti). Tutto ciò mentre, dall’altra parte del Mediterraneo, nella regione di Ankara in Turchia, a inizio mese cadevano fino a 28 millimetri di pioggia in 30 minuti, causando pesanti allagamenti e almeno tre morti.

A far salire vertiginosamente le temperature - che in varie località hanno battuto nuovi record per il mese di giugno, come per esempio in Tunisia con 47,8 gradi Celsius, lo scorso 28 giugno - sono stati una serie di anticicloni africani. L’aumento anomalo delle temperature ha riguardato anche le acque di superficie del Mediterraneo. Nel mar Ligure e nel golfo di Taranto, dove si teme si verifichi una moria di cozze e danni alla flora marina, si sono registrati cinque gradi sopra la media stagionale. Questa infografica elaborata dal servizio di monitoraggio dell'ambiente marino dell'osservatorio europeo Copernicus mostra l’anomalia termica della superficie del mare Mediterraneo lo scorso 19 giugno.

Una mappa elaborata dall'osservatorio europeo Copernicus evidenzia la forte anomalia termica che si è registrata nel mare Mediterraneo nella seconda metà di giugno.

Per completare il quadro di questo giugno rovente, la siccità continua a interessare buona parte dell'area mediterranea. In Italia le precipitazioni sono scarsissime ormai da mesi, con situazioni di grave sofferenza lungo il bacino del Po, le Alpi orientali e le regioni del centro; ma la situazione è critica in tutto il paese. Alcuni comuni, in via preventiva, stanno razionando l’acqua limitandone gli usi. A Milano, per esempio, il Comune ha chiuso la maggior parte delle fontane. Il capo della protezione civile, Fabrizio Curcio, ha spiegato che in Italia quest’anno ha piovuto il 40-50 percento in meno e nevicato il 70 percento in meno rispetto agli altri anni. Si teme per possibili incendi e che le piogge arrivino tutte insieme con fenomeni temporaleschi di tipo monsonico. Nelle prossime settimane il governo deciderà sullo stato di emergenza e quali misure adottare per mitigare gli effetti della siccità. Siccità che non riguarda solo l’Italia, ma anche Portogallo e Marocco. Come ricorda il giornalista Stefano Liberti in questo articolo di commento uscito su L’Essenziale, questa crisi è tutt'altro che contingente: è un’anteprima del nuovo scenario climatico in cui si colloca il Mediterraneo. “La nuova realtà in cui viviamo ci impone di ripensare l’uso di una risorsa che una volta era abbondante ma che non lo sarà più”, scrive.

Il filo che lega mega-incendi e spopolamento. Davide Mancini e Marcello Rossi, tra i fondatori di Magma, hanno pubblicato una serie di articoli sugli incendi che hanno colpito il Mediterraneo nel 2021. L’ampio lavoro di approfondimento mette in luce le connessioni tra spopolamento dei territori, cambiamento climatico e incremento degli incendi in Italia, Grecia, Spagna e Cipro. I due giornalisti hanno visitato alcune aree della Sardegna interessate dagli incendi del 2021; incendi che hanno distrutto migliaia di ettari coltivati, danneggiato l’agricoltura locale e causato la morte tra gli altri di un olivo millenario simbolo e orgoglio di Cuglieri, paese rurale in provincia di Oristano. Da anni gli esperti hanno messo in relazione il cambiamento climatico nel Mediterraneo con l’aumento degli incendi. Ma questo non basta a spiegare il fenomeno recente dei mega-incendi. Esiste una sovrapposizione tra lo spopolamento dei territori e le aree dove si sviluppano i fuochi. In particolare, all’abbandono corrisponde un aumento della vegetazione e delle foreste. In Italia questo è avvenuto in modo drammatico. Le aree boschive sono aumentate del 75 percento negli ultimi 80 anni. Se da un lato le foreste assorbono CO2, dall’altro vanno gestite per contenere il rischio incendio. Alla luce di queste considerazioni, si stanno delineando nuove politiche di prevenzione e mitigazione degli incendi.

Alpi sempre più verdi. L’aumento delle temperature sta modificando il paesaggio alpino. Durante una recente ondata di calore, avvenuta tra il 15 e il 21 giugno, la Svizzera ha perso circa 300 milioni di tonnellate di ghiaccio e neve - una piscina olimpica ogni 5 secondi, per capirsi. Ma anche un altro aspetto del paesaggio alpino sta cambiando. Un recente studio pubblicato su Science ha analizzato come le Alpi, viste dallo spazio, siano sempre più verdi. Dal 1984 a oggi, infatti, la superficie vegetata sopra la linea degli alberi è aumentata del 77 per cento (per chi non lo sapesse, la linea alberata o limite degli alberi è la quota oltre la quale non crescono più alberi in montagna perché le condizioni non sono favorevoli). L’aumento delle piogge e l’incremento delle temperature hanno dato la possibilità alle piante di crescere sempre più alte e rigogliose là dove una volta non era possibile. Gli scienziati parlano di questo aumento di biomassa come di un “cambiamento epocale”. E sebbene ci possano essere dei benefici, come l’assorbimento di anidride carbonica, la mancanza di superfici bianche riduce la capacità delle Alpi di riflettere i raggi del sole, e quindi di "respingere" per buona parte il calore. Per non parlare della perdita di biodiversità: le piante adatte a climi rigidi spariscono mentre quelle tipiche di quote più basse prendono il sopravvento.

La crisi senza fine del bacino del Po. Sono sempre più allarmanti le immagini che arrivano dal bacino del Po. I danni della persistente siccità spaziano dall'agricoltura, all’itticoltura, all’energia, per non parlare della vegetazione e della qualità ambientale del fiume, il cui livello si abbassa di alcuni centimetri ogni giorno. Questo abbassamento sta facendo risalire il cuneo salino - il fenomeno di risalita dell’acqua del mare verso il fiume - che ormai si trova a 30 chilometri dalla costa, col rischio che l'acqua salmastra si infiltri nelle falde di acqua dolce e bruci le colture. Questo video di Internazionale dà l'idea della gravità della situazione.

GUGLIELMO MATTIOLI
Producer multimediale, ha contribuito a progetti innovativi usando realtà virtuale, fotogrammetria e live video per il New York Times. In una vita passata faceva l’architetto e molte delle storie che produce oggi riguardano l’ambiente costruito e il design. Ha collaborato con testate come The New York Times, The Guardian e National Geographic. Vive e lavora a New York da quasi 10 anni.

Questo è quanto per questo mese. Grazie per aver letto fino a qui. Ci vediamo ad agosto.

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