- di Alexander Durie e Heba Khamis
- Questo articolo è stato pubblicato in collaborazione col Guardian.
ALESSANDRIA, Egitto - In una soleggiata mattina di gennaio, nel quartiere di El Max, a ovest di Alessandria d’Egitto, la seconda città più grande del paese, Ahmed Gaz sbroglia le reti da pesca dopo aver scaricato all’alba il pescato.
Come quasi tutti nel quartiere, Gaz è nato e cresciuto vicino all’acqua, destinato a pescare per vivere. “Tutta la mia vita è legata al mare”, dice. “La mia vita, il mio lavoro, il mio sostentamento”.

Insieme a Venezia, Miami, Lagos, Giacarta e ad altre, Alessandria è una delle città costiere che stanno sprofondando. Un rapporto del Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici prevede che, con l’attuale tasso di innalzamento del livello del mare e in assenza di adeguate misure preventive, migliaia di chilometri quadrati lungo il delta del Nilo potrebbero essere completamente sommersi entro il 2100.
Come gran parte della costa mediterranea egiziana attorno al delta, El Max è poi esposta a numerosi altri rischi ambientali: la subsidenza del terreno, l’erosione del suolo, l’attività sismica e l’inquinamento da parte dei vicini impianti petrolchimici, tutti fattori che contribuiscono a rendere l’area più vulnerabile.
Prima o poi, gli abitanti di El Max dovranno trasferirsi per sopravvivere. Tuttavia, secondo uno studio del Mixed Migration Center per cui sono stati intervistati 100 residenti del quartiere, il 90 per cento di loro non ha alcuna intenzione di andarsene. Solo pochi infatti considerano l’innalzamento delle acque una minaccia reale.
“Mi fido dei miei occhi, non delle previsioni del tempo”, dice Gaz.
Per Mohamed Abdrabo, direttore del Centro di ricerca per l’adattamento ai cambiamenti climatici dell’Università di Alessandria, “parte del problema è che, quando si parla dell’impatto dell’innalzamento del livello del mare in Egitto, e specialmente ad Alessandria, si parla di cose che succederanno da qui al 2100”.
“E con la situazione economica attuale - aggiunge - la gente non è interessata a un futuro così lontano”.
La comunità di pescatori di El Max sta già vivendo gli effetti della crisi climatica, spesso però senza avere la consapevolezza delle loro conseguenze sul lungo termine, afferma Abdrabo.

“Il mare si sta ritirando dietro l’isola [vicino al faro di El Max, a circa 50 metri dalla riva]”, racconta un giovane pescatore sulla spiaggia di El Fanar. “Una volta dovevamo nuotare per raggiungere quell’isola, ora ci si arriva semplicemente camminando”.
Un altro aggiunge: “Un tempo pescavamo 50 chili di pesce [al giorno], ora ne prendiamo solo 10”.
Parte della difficoltà nel convincere le comunità locali a prendere sul serio la minaccia che Alessandria possa affondare e scomparire è che non si tratta di un fenomeno del tutto nuovo. Già in passato la città ha vissuto molte catastrofi e le ha sempre superate, afferma Yasmine Hussein, una ricercatrice alessandrina che si occupa di clima.
Fondata nel 331 a.C. da Alessandro Magno, la seconda città più grande d’Egitto ha subito “sette o otto” tsunami nella sua storia. Uno dei più violenti, nel 365 d.C., fu causato da un terremoto di magnitudo 8.5, con epicentro a Creta, che ebbe effetti devastanti in tutto il Mediterraneo orientale, racconta Hussein.
“L'acqua si infiltrò nel suolo e distrusse il porto antico. Alcuni archeologi credono che i templi di Alessandro Magno e Cleopatra siano ancora sott’acqua, perché l’intero quartiere della famiglia reale venne completamente sommerso”.
Un altro tsunami colpì e affondò nel 1303 il Faro di Alessandria, una delle sette meraviglie del mondo antico.
“La gente dice sempre che la vita di Alessandria è ciclica, proprio come il ciclo della vita”, dice Hussein. “Nasce, diventa una grande città, poi cade e lentamente scompare; per poi rinascere, come una fenice”.
In questa fase attuale, la dinamica è un'altra. Molti abitanti sono preoccupati per la rapidità con cui si costruisce lungo il litorale.
Hussein spiega come Alessandria abbia perso più del 40 per cento delle sue spiagge negli ultimi 25 anni per la combinazione di erosione costiera, cementificazione e privatizzazione della costa. “Questi [fenomeni] stanno accadendo a una velocità mai vista prima”, dice.
Aggiunge che, sebbene lo scorso anno Alessandria sia stata riconosciuta dall'Unesco come la prima “comunità pronta ad affrontare uno tsunami” dell'Egitto e dell'Africa - il che significa che soddisfa alcuni indicatori chiave per mitigare i rischi delle onde devastanti e di altri pericoli costieri - Hussein e altri ricercatori ritengono che la città non sia affatto preparata.
“Se ci fosse un terremoto nelle vicinanze, che cosa faremo?” si chiede Hussein.
Il governo locale ha installato blocchi di cemento lungo la Corniche di Alessandria per proteggere la costa, ma diversi esperti sostengono che questa soluzione non sia sostenibile nel lungo termine, perché l’acqua passa sotto i blocchi e penetra nel suolo.

Alcuni membri della comunità di pescatori sono già stati trasferiti in palazzi più nell'interno, dopo che le loro abitazioni sono state allagate.
Ma per alcuni, vivere lontano dal mare è difficile. “Sono come un pesce. Se mi tolgono dal mare, muoio”, dice As Elsayed Ibrahim, un pescatore del posto.
Secondo Abdrabo, in generale la gente in Egitto è molto legata alla propria terra. È un atteggiamento diffuso in tutto il paese, aggiunge, soprattutto tra coloro che vivono di pesca e agricoltura.
L’attaccamento alla propria terra va considerato in ogni piano a lungo termine per la regione, sostiene, ma alla fine: “Qualsiasi cosa tu faccia nelle aree costiere, la natura ti presenterà il conto. Non si può vincere contro la natura”.
Umm Amr gestisce un chiosco sulla spiaggia di El Fanar da tutta la vita. Inizialmente era scettica riguardo all’emergenza climatica, ma dopo aver saputo delle inondazioni catastrofiche che hanno colpito Derna, in Libia, nel 2023, si è spaventata. Ha pensato che se era potuto accadere al paese vicino, sarebbe potuto succedere anche a El Max.
“[Le autorità] vogliono che ce ne andiamo da qui, ma io non so dove andare”, dice. “Sono cresciuta sulla sabbia di El Max e ho vissuto qui tra persone buone che si vogliono bene. Questo mare è la mia anima e non posso vivere senza”.

Recidere il legame con il territorio non è facile per la popolazione locale, nonostante i rischi crescenti. “È meglio restare e trovare modi per adattarsi”, afferma Hussein, suggerendo che chi vive nelle città che nel mondo stanno sprofondando potrebbe collaborare e condividere strategie per salvare le proprie terre. “Tutto quello che chiediamo è di avere gli strumenti per imparare ad adattarci”.
In una nota, il ministero egiziano delle risorse idriche e dell’irrigazione ha dichiarato: “I progetti ad Alessandria fanno parte delle iniziative di protezione costiera che il ministero sta attuando per contrastare gli effetti negativi del cambiamento climatico, proteggere cittadini e infrastrutture, mettere in sicurezza le aree residenziali, industriali e a più bassa quota dal rischio d’innalzamento del livello del mare”.
Nella foto di apertura, il centro di Alessandria visto dalla cittadella di Qaitbay, dove oltre mille anni fa sorgeva l'antico Faro di Alessandria (Alexander Durie).
Nota di redazione: questo articolo fa parte della serie “Comunità in prima linea” e offre un'anteprima della rivista che abbiamo in mente. La serie è stata prodotta nell'ambito della prima edizione della Scuola Magmatica di Giornalismo Ambientale.