Il clima che cambia, l’importanza dell’attribuzione

Un soleggiato venerdì di fine novembre, invece che passeggiare tra le serre e i percorsi che si snodano negli spazi esterni dell’Orto botanico di Firenze, una decina di persone tiene gli occhi puntati sulla lavagna dell’aula didattica Ostensio. Sulla superficie bianca il proiettore rimanda l’immagine della scienziata del clima Erika Coppola in collegamento dalla sede dell’Istituto di fisica teorica (Ictp) Abdus Salam di Trieste. Il tema dell’incontro, di cui Magma era il principale organizzatore: “Il clima che cambia, il Mediterraneo che ci aspetta”.

Solo una ventina di giorni prima un’alluvione aveva colpito la Toscana, e in particolare la piana tra Firenze, Prato e Pistoia - a neanche 15 chilometri di distanza dall'Orto botanico. La domanda sorge quasi spontanea: che ruolo ha avuto il cambiamento climatico nel determinare l’evento?

“Ogni volta che c'è un evento di questo tipo”, risponde Coppola, “qual è il ruolo del cambiamento climatico è la domanda che ci sentiamo fare più spesso”.

Per rispondere accuratamente a quesiti di questo tipo, soprattutto negli ultimi dieci anni, una nuova branca della scienza si è specializzata nell'attribuire o meno i singoli eventi estremi ai cambiamenti climatici. Tra le iniziative più spesso citate nelle nostre newsletter c’è World weather attribution, formata nel 2015 dal fisico e scienziato del clima Geert Jan van Oldenborgh e dalla climatologa dell’Imperial college di Londra Friederike Otto. Coppola, invece, ce ne racconta un’altra: ClimaMeter, un’interfaccia web coordinata dall’istituto francese Pierre-Simon Laplace (Ipsl) e sviluppata nella seconda metà del 2023 da ricercatori italiani e di altre parti del mondo.